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Eventi e speciali

Impronte: personale di Luigi Marzo

Favola

Ricerca del segno puro e del colore sul filo del sogno e della realtà

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Con homo ludens del 1939 il grande storico Johan Huizinga, scompaginando i principi delle filosofie idealistiche, della storia, provocatoriamente teorizzò come costante dei comportamenti culturali il gioco, ritenendolo un elemento imprescindibile dei fenomeni sociali. E quest’allora straordinaria concettualizzazione di un fenomeno tenuto ai margini della cultura “alta” mi è balzata alla memoria appena osservate le opere di Luigi Marzo. Ma attenzione, non può essere soltanto, quello di Luigi, un pur accattivante gioioso e vitalistico gioco che calibra con consumata maestria i rapporti tra forma e colore: che pure, poste in questa forma riduttiva, le sue opere si aprono ad un orizzonte di positività, di fiducia nella ragione che sembra pensare se stessa come aspirazione, mi verrebbe da dire, al “bello” e al “buono” di rinascimentale memoria. I titoli delle stesse opere, quando non sono una divertita tautologia – e penso tuttavia alla leggerezza ironica di un Palazzeschi –, incanalano intrusioni significanti di una dimensione più profonda e certamente più complessa. E dunque “Icaro” o il “cavallo alato” come fuga, anzi approdo alle profondità del mito, e perciò le forme si fanno dinamiche a tratti vorticose e vermicolanti per un fremito corposo, tattile, che compone e scompone le forme su piani paralleli con quello di fondo, che è quasi sempre la profondità del cielo o viceversa quella del mare che nel mito mediterraneo è la stessa cosa. Si osservi “civiltà sommersa”; un fantastico andirivieni tra le profondità dell’elemento primordiale e la sua superficie come qualcosa che si offre allo sguardo per sprazzi – come un labile ricordo – per poi sparire nel nulla non prima di aver lasciato una traccia indelebile. Proprio come sull’attonito sguardo durante improvvisi “bagliori notturni”. Così queste civiltà sommerse, questi lampi, il “castello di Almis” diventano come impronte di un tempo che scorre non circolarmente ma linearmente. E allora il “gran gioco” messo in moto da Marzo, oltre la dimensione ludica, si svela come il gran gioco della vita.

Mario Cazzato

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