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Tra arte e letteratura, il racconto dei vini della cantina Cantele a "Liberrima nel Cortile"
Luisa Ruggio col romanzo “Afra”, Elisa Costa e le sue opere grafiche, insieme ai vini di Paolo Cantele.
Lecce: un’esperienza che viaggia tra letteratura, arte e sapori quella in programma giovedì 5 febbraio 2009, alle ore 20.15 e alle 21.30, a “Liberrima nel Cortile”, in Corso Vittorio Emanuele 33. Il caffè di Liberrima, “All’Ombra del Barocco”, propone per la rassegna “Ti racconto il vino” un intreccio di opere artistiche, letterarie ed enologiche che coinvolgeranno i sensi degli spettatori attraverso la percezione visiva, l’ascolto narrativo, ed il gusto di quattro vini diversi. Un appuntamento eno-letterario ed eno-artistico che dimostrerà la forza ispiratrice e la dignità di opera culturale che ha il vino, la sua capacità di entrare nella letteratura e nell’arte, di parlare ai sensi e all’immaginazione di uomini e donne.
I vini, narrazioni enologiche: dal bianco, al rosato, ai rossi, il percorso narrativo e gustativo condotto da Paolo Cantele, che con i fratelli Gianni, Umberto e Luisa dirige l’azienda di famiglia Cantele. La storia dei vini Cantele ha inizio negli anni ’50, e di quegli anni ci racconta l’emozione della scoperta, lo spirito di rinascita, il gusto di una gioia elegante e misurata. «Ogni bottiglia di vino – dice Paolo Cantele – ha la sua storia. La leggi nel suo colore, nel suo sapore, nell’odore che sprigiona quando la apri, quando ne versi il contenuto nel bicchiere. È una storia legata ai nomi, ai luoghi, alle mille storie che a quei nomi e a quei luoghi sono legate. È la storia dei nostri nonni, Giovanni Battista e di sua moglie Teresa Manara. Del lungo viaggio che hanno affrontato per raggiungere il Salento, la terra del sole. È la storia dell’azienda vinicola che è nata con loro e che è cresciuta con i nostri genitori, Augusto e Domenico. Tutti e quattro ci hanno insegnato che per fare una buona bottiglia di vino ci vogliono pazienza e dedizione. E che per far continuare a vivere una storia bisogna avere buona memoria».
Il viaggio nella narrazione del gusto comincia con il fiano Alticelli, un bianco dai riflessi verdi su fondo paglierino che preavvisano il nerbo della freschezza e della tenacità di questo vino. Un alternarsi continuo di profumi fruttati e floreali, fino al fresco erbaceo. La grande complessità sensoriale si sviluppa in un delicato equilibrio gusto-olfattivo, che ripropone in bocca il frutto e il fiore; la spiccata acidità prolunga le sensazioni gustative, conferendogli una notevole persistenza. Si passa poi ad un inedito Rosato di Negroamaro 2008, vino dal suadente colore rosa chiaretto, in cui le essenze di rosa e geranio rosso abbracciano la frutta, con la fragola e la ciliegia. L’impatto olfattivo è dolciastro e variegato, notevolmente tenace. In bocca il buon grado alcolico è assecondato e mitigato dalla morbidezza e dalla leggera e vivace freschezza. Si arriva quindi al Teresa Manara da uve negroamaro al 100%, un rubino intenso e variegato da riflessi aranciati. La frutta e i fiori rossi preavvisano il profumo ampio delle spezie, dell’etereo e del leggero minerale. In bocca l’aroma ripercuote l’espressione audace e decisa tipica dell’aglianico e del negroamaro e nel contempo la loro sensibile finezza. Infine, un Amativo (da primitivo e negroamaro), dall’inespugnabile rosso rubino, che già preavvisa agli occhi la complessa struttura gusto-olfattiva. Il naso viene immediatamente appagato dalla rosa e la violetta, che si sprigionano in una progressione lenta e duratura, cedendo il passo ai frutti di bosco, al fico secco, alle confetture, al vanigliato, al creosoto.
Del romanzo “Afra” l’autrice Luisa Ruggio, scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva, leggerà pagine intessute dagli aromi della terra e del vino: «Afra. La terra. Una terra di nome Afra, che vuol dire calda. Che vuol dire dentro una cosa calda. Qualcosa di caldo, come il ventre gravido di una madre. Calda di uva regina, calda di ulivi, sudore, oscenità. La terra è terra, diceva lui. Se hai le mani nella terra non muori di fame, ci devi credere. Per questo aveva lo stesso odore delle vigne, quello dell’uva matura. E, certe volte, gli restava sui polpastrelli anche un odore di inchiostro. Era quello viola del suo calamaio, col piccolo tappo di ferro, fermo sul bordo della scrivania verde, proprio sopra un cofanetto portalettere su cui gli piaceva passare le dita per sentirne i disegni in rilievo. Anche se là dentro di lettere non ce n’erano».
Le immagini della pittrice e grafica Elisa Costa, in mostra nel corso della serata, sono un esempio della grande creatività visiva che il vino rende possibile. Il suo lavoro è ispirato al connubio tra i classici dell’arte contemporanea e i sapori e il design dei vini Cantele. Sarà lei stessa ad illustrare i meccanismi che hanno guidato le sue scelte compositive.